A volte i sogni sembrano non realizzarsi ma, poi ti accorgi che la forza di volontà e la passione fanno in modo che la tua fiammella avventuristica resti sempre accesa. Così eccomi ad essere ruscito a coronare un altro desiderio che covava dentro sin dall'adolescenza, quando le prime riviste di moto raccontavano di gesta epiche e di viaggi impossibili: L'Africa, l'Asia e, perche no?, anche l'Europa ed alcune zone della nostra Italia sembravano distanti anni luce dal proprio quartiere dove ci si divertiva a scorrazzare in motorino tutto il pomeriggio. Complici i moderni mezzi a motore, le tecnologie dedicate all'orienteering e, cosa indispensabile, una minima disponibilità economica le distanze sembrano essersi accorciate e molto più a portata di mano.
Dopo aver "conquistato" il deserto sub sahariano, un altro personale sogno è stato realizzato tra il 25 ed il 27 ottobre 2015: percorrere l'Italia centrale da ovest a est unendo i mari delle opposte sponde, attraverso un percorso il più possibile in fuoristrada.
Nel momento in cui mi trovo a scrivere tantissimi sono i ricordi delle giornate appena trascorse, tanti i luoghi attraversati e le sensazioni provate che poterli descrivere tutti sarebbe impossibile, quindi in questo spazio mi limiterò soltanto alle sensazioni provate prima durante e dopo il raid, lasciando ad altri report la fase propriamente sportiva dell’evento. Infatti, proprio ora che mi accorgo dell’enorme sforzo fatto da tutto il team per questa Zero Edition 2015 per fare in modo che tutto potesse andare per il giusto verso. Favoloso il lavoro eseguito dai tracciatori della seconda parte del giro, quella che ha compreso Umbria e Marche. Un tracciato tecnico e impegnativo per quanto riguarda la parte sportiva e molto panoramico per quanto attiene lo spirito turistico. Importanti si sono rivelati coloro che si sono dedicati alle “pubbliche relazioni” trovando alcuni operatori di buona volontà che ci hanno agevolato dal punto di vista meccanico e di dotazione tecnica. Personalmente, invece, oltre ad aver provato personalmente la parte dell’attacco iniziale del giro tra Lazio e Umbria, ho passato tante ore davanti a Google Earth allo scopo di raccordare le varie tracce prodotte nei sopralluoghi eseguendo un taglia e cuci che sembrava non essere mai definitivo: come un vestito che non viene mai come lo hai in mente. E siccome le difficoltà non erano abbastanza, si è pensato bene di inserire una traccia di oltre 100 km da percorrere in completo orientamento seguendo le tracce del GPS e mai provate prima. Ed è in questi momenti che scopri le qualità di chi si dimostra un provetto navigatore prendendo la guida del gruppo e portandola a destinazione con una facilità che non credevi potesse avere, anche in posti ove non era mai transitato prima.
L’idea iniziale che era quella di disegnare una traccia lungo direttrici scorrevoli e facili, così da favorire la percorrenza media giornaliera, ci ha preso la mano ed alla fine ha prodotto un percorso di 450 km con meno del 20% di asfalto, passaggi anche di difficoltà oltre la media, tecnici e guidati per parecchi chilometri di fila, con variazioni di pendenza positivi e negativi a volte anche significativi: in breve è stato come aver fatto tre motocavalcate di seguito tanto che il nome di Raid si è dimostrato proprio appropriato. Se un giorno avrò il tempo mi piacerebbe metterlo tutto su roadbook.
Spesso mi sento rivolgere la solita domanda: “Perché fare una cosa del genere?. Basterebbe fare tre uscite in tre domeniche per aver percorso lo stesso chilometraggio e aver fatto enduro allo stesso modo tanto gli sterrati, le mulattiere e i sentieri sono tutti uguali”. Forse, ma il mio modello di enduro è diverso. Non ho la presunzione di affermare che sia il migliore, ma non trovo altra definizione che quella di “diverso”. Non nego che può essere appagante affrontare e superare gli ostacoli più duri in offroad e poter dire “ce l’ho fatta”, ma trovo molto più difficile poter fare gruppo con più persone standoci a contatto per tantissime ore al giorno, condividendone la passione, la difficoltà fisica e psichica (che nei momenti di stress è più difficile da capire della prima). E poi l’incognito ha sempre il suo fascino: l’ultima cosa che mi sento ancora dentro, forse perché la più recente, è la gioia interiore che ho provato appena scorto il mare Adriatico in lontananza dietro le colline. Finalmente ce l’avevamo fatta e la meta era li a portata di mano, la nostra piccola avventura di uomini normali stava volgendo al termine e sarebbe rimasta indelebile in ognuno di noi.
Due parole sul raid: come detto era stato pensato in maniera enduristicamente più soft, ma che al momento non abbiamo intenzione di snaturare. Una bella palestra per mettere alla prova la propria resistenza sportiva e di relazione. Una buona occasione per conoscere luoghi della nostra Italia completamente al di fuori dei normali circuiti turistici e per portare a casa un bagaglio pieno di ricordi.
Per un report più tecnico basterà attendere qualche giorno per avere il tempo di catalogare tutto il materiale foto-video e montare un piccolo video.